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I medicamenti veterinari di norma sono somministrati per il trattamento di malattie e, con minor frequenza, a scopo di prevenzione analogamente ai vaccini. La promozione della salute e del benessere degli animali mira a ridurne l'impiego.

Effetti dei medicamenti veterinari su ambiente e salute

Diversi medicamenti possono giungere nell’ambiente attraverso i concimi aziendali, le acque di scarico e le polveri e danneggiarlo. In una valutazione del rischio ambientale correlato all'impiego di medicamenti veterinari in Europa [1], gli antibiotici e gli antiparassitari sono risultati le sostanze più critiche.

Gli antibiotici sono problematici innanzitutto perché favoriscono la propagazione di batteri resistenti sia nell'animale sia nell'ambiente e rappresentano dunque un rischio per la salute umana.

Una parte considerevole degli antibiotici somministrati, infatti, è eliminata dall'animale da reddito attraverso urina e feci [2]. Attraverso il liquame determinati principi attivi antimicrobici e i prodotti risultanti dalla loro decomposizione o trasformazione possono infiltrarsi nella superficie agricola utile. Il suolo è uno degli habitat più estesi ed eterogenei per i batteri. Gli antibiotici possono influenzare queste comunità batteriche e quindi pregiudicare funzioni del suolo quali la fornitura di sostanze nutritive [3]. Ciò però non avviene se si considerano gli usuali carichi di antibiotici, infatti i principi attivi si degradano e si legano alle particelle del suolo oppure i microrganismi si adeguano. Tenuto conto del consumo e delle loro proprietà, i sulfamidici sono probabilmente gli antibiotici più critici dal punto di vista dell'inquinamento idrico. Da misurazioni effettuate nei corsi d'acqua e da dettagliati studi in campo è emerso che nei piccoli corsi d'acqua in regioni dove l'impiego di antibiotici è elevato, queste sostanze possono essere rilevate in concentrazioni preoccupanti dal profilo ecotossicologico [4].

I batteri resistenti della flora intestinale degli animali trattati possono giungere anche direttamente nel suolo e creare o accrescere il serbatoio di geni di resistenza [5]. Questi ultimi potrebbero eventualmente essere trasmessi a germi patogeni.

Gli antiparassitari vengono utilizzati per proteggere gli animali da parassiti quali vermi e pappataci. La loro pericolosità per l’ambiente è data dal fatto che agiscono non soltanto sui parassiti bensì anche su numerosi insetti utili e animali selvatici. A titolo di esempio si citi l'antibiotico Ivermectin che già a piccolissime dosi può danneggiare insetti e crostacei. Tuttavia, il fatto che si leghi fortemente alle sostanze solide, fa sì che sia pressoché impossibile che giunga in acqua [7].

Gli ormoni nell'ambiente possono pregiudicare la capacità di riprodursi dei pesci e causare mutazioni dell'identità sessuale nella generazione successiva [8]. In Svizzera vengono impiegati a dosi relativamente basse. Pertanto si può affermare che gli ormoni prodotti naturalmente in primo luogo dalle vacche sono più rilevanti per l'ambiente di quelli utilizzati in veterinaria [7].

Consumo di antibiotici in ambito veterinario in calo

Dal 2006, in Svizzera viene rilevata e pubblicata annualmente la quantità di antibiotici smerciati in ambito veterinario (ARCH-Vet). In base a queste informazioni è possibile fare un quadro del volume di smercio e dello sviluppo dei singoli principi attivi e delle rispettive classi per gli animali da reddito e da compagnia. Il volume totale dei principi attivi antibiotici negli ultimi anni ha segnato un calo costante. Tra il 2008 e il 2014 la quantità di principi attivi ha subito un calo del 32 per cento raggiungendo quota 40 250 chilogrammi [9]. Benché sia un segnale positivo per quel che riguarda il consumo di antibiotici, sul piano internazionale, la Svizzera si colloca ancora al centro della classifica [10]. In singoli settori, come la quantità di prodotti endomammari impiegati, la Svizzera si trova addirittura ai primi posti della classifica europea.

Al momento non si dispone di dati comparabili relativi all'impiego di antibiotici nella medicina umana. Da uno studio sull'impiego di antibiotici nel settore ambulatoriale [11] è emerso che il consumo pro capite in Svizzera è relativamente basso rispetto ad altri Paesi europei. Il consumo di antibiotici negli ospedali elvetici, invece, è nella media europea [12].

Rilevazione dei dati sui trattamenti con antibiotici in azienda

I dati sullo smercio consentono soltanto in pochi casi di risalire alle effettive intensità di trattamento, ossia al numero di animali trattati in riferimento a una determinata popolazione ed epoca. In Svizzera l'AC-IAA è l'unico rilevamento costante dell'impiego di medicamenti veterinari a livello aziendale a cura dell'ente pubblico. Anche diverse federazioni di allevamento rilevano l'impiego di antibiotici da parte dei loro membri. 
 
In molti Paesi europei, come Danimarca, Paesi Bassi o Norvegia, gli agricoltori, i veterinari e i farmacisti sono tenuti non soltanto a registrare, bensì anche a notificare ogni impiego di antibiotici. A medio termine ciò è previsto anche in Svizzera con l'attuazione della Strategia contro le resistenze agli antibiotici STAR [13]. Uno degli obiettivi STAR è sviluppare un sistema di vigilanza intersettoriale con metodi standardizzati per l'uomo, gli animali, l'agricoltura e l'ambiente (approccio o principio one health), che fornisca informazioni sullo smercio e sull'impiego di antibiotici nonché sulla formazione e la diffusione di resistenze. Questi dati servono da base per misure finalizzate a un impiego più mirato e ridotto degli antibiotici nell'uomo e negli animali.

Database sull'impiego di medicamenti veterinari nell'AC-IAA

Dal 2009 le aziende coinvolte nell'analisi centralizzata degli indicatori agroambientali (AC-IAA) registrano i medicamenti veterinari che usano.

La maggior parte di esse detiene bovini, soprattutto vacche da latte. Ogni anno le aziende detentrici di vacche da latte registrano i dati relativi a circa 4000 capi, che corrisponde allo 0,7 per cento delle vacche presenti in Svizzera. In media un'azienda detiene 23,8 vacche da latte, quasi l'equivalente della media svizzera di 23,9. L'esiguo numero di aziende detentrici di altre specie animali quali suini e pollame non permette di fare stime attendibili.

Numero di aziende AC-IAA con una determinata categoria animale

 2010201120122013
Aziende237235222209
Tutti bovini233224214203
Vacche da latte188180173169
Vacche madri38374135
Altri bovini26231724
Suini35312734
Ovini4555
Caprini4533
Alpaca1101
Equini4643
Bufali0111
Pollame5542
Conigli1010

Fonti: Agroscope e Istituto VPH

Le aziende sono geograficamente distribuite in maniera uniforme tra le regioni dove l'allevamento è particolarmente diffuso. Nei prossimi anni si punterà ad aumentare il numero di aziende partecipanti all'AC-IAA.

Miglioramento della qualità dei dati

Nei primi anni di rilevazione si è reso necessario apportare diversi miglioramenti al software nonché sensibilizzare e informare meglio gli agricoltori partecipanti su come procedere alla registrazione. Nel corso degli anni è aumentato, così, il numero dei trattamenti registrati. La percentuale di trattamenti registrati in maniera incompleta è scesa dal 15 per cento nel 2010 all'8 per cento nel 2013. Per le vacche da latte questa percentuale nel 2013 è scesa al 3 per cento. Ulteriori miglioramenti si impongono nella registrazione dei trattamenti di gruppo per i suini e i vitelli.

Classi di antibiotici utilizzate

Nelle aziende partecipanti all'AC-IAA i tre quarti dei trattamenti sono a base di penicillina, tetracicline o amminoglicosidi. In termini quantitativi secondo la statistica sullo smercio [9] gli antibiotici più impiegati sono i sulfamidici. Questi sono venduti generalmente come premiscele a uso veterinario e dunque somministrati a dosi maggiori per singolo trattamento su suini e vitelli, che sono categorie animali sottorappresentate nel presente campione.

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Antibiotici impiegati in quasi la metà dei trattamenti sulle vacche da latte

I seguenti risultati del monitoraggio si riferiscono principalmente alle vacche da latte e nello specifico al trattamento di malattie della mammella che offrono basi di dati ottimali.

Nelle aziende detentrici di vacche da latte sono stati somministrati antibiotici in quasi la metà dei trattamenti, eccezion fatta per il 2010, anno in cui la quota è stata particolarmente alta, superando il 10 per cento, per via del vaccino obbligatorio contro il virus della lingua blu. Nelle aziende detentrici di suini la quota di vaccinazioni, che si aggira attorno al 20 per cento di tutti i trattamenti, è generalmente superiore rispetto ai bovini. In queste aziende gli antibiotici sono impiegati nel 35 per cento circa dei trattamenti.

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Numero di registrazioni: 2010: 15458, 2011: 13413; 2012: 12146; 2013: 13202

In Svizzera esigenze elevate relative alla qualità del latte e alla somministrazione di antibiotici per trattamenti della mammella

La salute delle mammelle è un aspetto fondamentale nella detenzione di bestiame da latte. In Svizzera le esigenze relative alla qualità del latte sono molto severe anche perché per produrre le principali varietà di formaggio si impiega latte crudo. Un criterio è quello del numero di cellule, che in Svizzera è basso rispetto all’estero (90 000-135 000 cellule/ml/mese) [14; 15]. Parallelamente nel nostro Paese l’impiego di antibiotici per il trattamento della mammella è più frequente.

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Nel 68 per cento dei trattamenti registrati gli antibiotici vengono somministrati per curare malattie della mammella. Il 90 per cento delle aziende considerate e detentrici di bestiame da latte usa almeno una volta gli antibiotici per questo scopo. Una vacca su 5 è sottoposta a un trattamento antibiotico per la messa in asciutta. Negli anni la frequenza di questi trattamenti è rimasta costante.

I dati sui trattamenti alle mammelle dell’AC-IAA sono facilmente comparabili con quelli sullo smercio di antibiotici. Ne emerge che le classi di antibiotici utilizzate dalle aziende considerate per trattare le malattie della mammella rispecchiano abbastanza bene i dati sullo smercio.

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Le aziende partecipanti all’AC-IAA, comunque, effettuano un numero minore di trattamenti sul bestiame in lattazione rispetto a quanto emerge dai dati nazionali sullo smercio, infatti la frequenza degli interventi risulta quasi la metà. Anche l’impiego di prodotti per la messa in asciutta è meno frequente di quanto facciano pensare i dati sullo smercio, anche se in questo caso la differenza è meno marcata.

Queste discrepanze possono essere spiegate dal fatto che non tutti gli antibiotici venduti vengono anche utilizzati. Potrebbe anche darsi che la salute delle mammelle nelle aziende partecipanti è superiore alla media svizzera o che una parte dei trattamenti non è stata registrata.

Bassa frequenza di trattamenti ormonali sul bestiame svizzero

In alcuni Paesi extraeuropei gli ormoni sono utilizzati per aumentare le prestazioni, pratica che in Svizzera è vietata. Per le vacche da latte negli anni 2010-2013, in totale, sono stati registrati soltanto 479 trattamenti ormonali. A questi se ne aggiungono 89 sulle scrofe da allevamento. Il tipo di sostanze utilizzate per le vacche da latte è riportato nel grafico seguente. Quelle somministrate più di frequente sono i corticosteroidi, antinfiammatori che spesso vengono somministrati parallelamente a un trattamento antibiotico in caso di infezione acuta.

Gestageno e progesterone sono utilizzati essenzialmente per la sincronizzazione dell’estro e l’induzione dell’ovulazione. Le prostaglandine vengono impiegate per sincronizzare l’ovulazione, per trattare i problemi di fertilità e le infiammazioni uterine, nonché per indurre il parto. L’ossitocina provoca le contrazioni durante il parto e nella fase successiva fa sì che l’utero ritorni alle sue dimensioni originali. Questo ormone femminile viene impiegato anche per le vacche da latte prima della mungitura allo scopo di indurre l’eiezione del latte, per favorire le contrazioni e dopo i parti difficili o cesarei per aiutare l’utero a ritornare alle sue dimensioni originali.

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Antiparassitari

Gli antiparassitari agiscono contro parassiti interni, quali protozoi unicellulari e vermi (elminti), ed esterni, quali pidocchi, pulci, acari o mosche. Sono impiegati in oltre il 10 per cento dei trattamenti effettuati. La maggior parte di essi viene impiegata per i bovini (84 %, di cui 71 % bestiame da latte). Il gruppo di principi attivi più utilizzato è quello dei lattoni macrociclici (LM) che agiscono principalmente contro la trichinella spiralis e i parassiti esterni. Analogamente agli antibiotici, anche in questo caso esiste un problema legato alla formazione di resistenze, soprattutto nel caso della trichinella nei bovini. Al secondo posto della classifica degli antiparassitari più utilizzati si trovano quelli a base di benzimidazolo (BI) (61 % bovini, 22 % suini), attivi contro trichinella spiralis, trematidi e alcuni vermi piatti. Anche in questo caso si formano resistenze, soprattutto nei ruminanti di piccola taglia [16]. Gli imidazotiazoli (IT) sono vermifughi ad ampio spettro, utilizzati soprattutto contro la trichinella spiralis. In veterinaria la sostanza più diffusa è il Levamisol. In molti Paesi sono stati già documentati molti casi di parassiti resistenti al Levamisol [17].

I piretroidi (PY) sono sostanze simili alle piretrine naturali che possono essere ricavate da diversi tipi di crisantemi. Sono uno degli insetticidi più potenti in assoluto e vengono utilizzati contro pulci, zecche, mosche e altri ectoparassiti. Elevate concentrazioni provocano la paralisi dei parassiti, ma anche di altri insetti utili come le api mellifere.

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Conclusioni

Un monitoraggio dell’impiego di medicamenti veterinari nell’agricoltura svizzera è importante perché le sostanze somministrate agli animali, attraverso il liquame e il letame, giungono nell’ambiente dove possono avere effetti nocivi diretti, come nel caso di ormoni e alcuni antiparassitari, oppure indiretti, come nel caso di antibiotici e antiparassitari. Queste sostanze inducono la formazione di resistenze nei batteri e nei vermi e di conseguenza diventa più difficile lottare con efficacia contro le malattie provocate da questi agenti patogeni. Ciò si ripercuote non soltanto sul trattamento degli animali malati, bensì anche sul trattamenti di pazienti umani regolarmente a contatto con gli animali. Negli ultimi anni si è registrato un calo complessivo delle quantità di antibiotici impiegati per gli animali, tuttavia il numero dei trattamenti in caso di infiammazione della mammella è rimasto costantemente alto.

Bibliografia

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Ioannis Magouras, Veterinary Public Health Institute VPHI e Ruth Badertscher, UFAG, Settore Sistemi agroambientali e sostanze nutritive, ruth.badertscher@blw.admin.ch